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04/02/2022 - Tieffe

Avere cura di chi ha cura, una missione possibile

Emanuele Usai racconta ad Over cosa significhi essere e come si diventi “caregiver” dei “caregiver”

Superare il “semplice” ruolo di assistente di un familiare e diventare il “caregiver” dei “caregiver”. È il progetto di Emanuele Usai, 37 anni, scrittore, content creator e docente di digital & social media marketing. La sua esperienza come “caregiver” - chi si impegna nelle attività quotidiane di cura di un proprio familiare [ndr] - nasce nel lontano 2006, quando sceglie di occuparsi dei suoi nonni e di conciliare il suo lavoro ed i suoi studi con questo impegno. Prendersi cura, in prima persona, della sua famiglia lo pone dinanzi ad una triste realtà: quanto l’Italia non sia pronta a riconoscere la figura del caregiver, non consentendo la possibilità di conciliare questo ruolo con gli impegni di lavoro. Oltre a questo, chi assiste un familiare si sente, spesso, solo, si scontra con la burocrazia, con i tempi lunghi della sanità, con le difficoltà date da un compito che non è facile ricoprire. Così Emanuele decide di intraprendere un’attività di consulenza per quanti si trovano ad affrontare i dubbi e le difficoltà che lui ha vissuto; diventa molto attivo sui social e fonda un blog, www.buongiornononna.it, dove mette a disposizione di tutti la sua esperienza, ma non solo: consigli utili, normative, prodotti e tutto quello che può aiutare le persone nel difficile e meraviglioso compito di assistere un familiare.

Ci racconti come inizia la sua storia di caregiver…

La parola caregiver è entrata nel mio dizionario due o tre anni fa. Prima ero un nipote “impegnato”. Mia nonna si era sempre presa cura di me, sin da quando ero bambino. Quando mio nonno ha avuto un’ischemia ho pensato di dare una mano alle persone a me più vicine. Mia nonna però era sempre molto attiva e quindi il mio impegno era limitato. Poi un giorno è caduta in giardino, rompendosi il femore e, dato che mio nonno dopo l’ischemia aveva dei problemi a rendersi conto di cosa gli accadeva intorno ed a muoversi, è rimasta nove ore sdraiata all’esterno. Alla fine, per fortuna, mio nonno ha compreso quello che era accaduto ed è riuscito a portarle il telefono, ma qualcosa dentro di me ha fatto clic. Ho riflettuto su cosa sarebbe potuto accadere se fosse stato inverno e lei si fosse ritrovata sola e impossibilitata a muoversi al freddo. Ho capito che toccava a me, dopo aver ricevuto tanto da loro, fare qualcosa. Mi sono trasferito presso la loro abitazione: avevo 22 anni e, più passava il tempo e più comprendevo che sarebbe diventato un impegno sempre più grande e che non lo potevo rilegare ad un compito tra gli altri. Mio nonno, alla fine, ha avuto un’altra ischemia e lo abbiamo portato in casa di cura: in quel momento ho realizzato che ormai ero "a tutti gli effetti" un caregiver…

Si spieghi meglio, in che senso?

Perché, senza nulla togliere alle residenze sanitarie assistite e alle case per anziani, che per molte persone che non hanno la fortuna di poter svolgere la propria professione da casa sono una soluzione valida e concreta, ho compreso che per gli anziani è un grande valore aggiunto poter restare nel proprio ambiente, circondati dalle persone care. Non solo per una questione affettiva, ma perché hanno difficoltà ad essere a loro agio ed orientarsi in ambienti nuovi. Spessoi cambiamenti creano, nell’anziano, confusione, ansia disorientamento che portano alla depressione, con tutto quello che ne consegue.

Quali sono le difficoltà maggiori che si incontrano nell’assistere i propri familiari?

La burocrazia in primis, che rallenta qualsiasi processo e azione, oltre ai tempi lunghissimi della sanità. Oggi ritirare analisi e referti lo si può fare on line, ma fino a qualche anno fa non era così e si perdevano giornate intere agli sportelli. Ancora oggi, però, per prenotare qualsiasi visita, esame, analisi bisogna andare fisicamente ed è davvero una grande limitazione per una persona che lavora. Inoltre, è avvilente vedere come chi ha un ruolo decisionale nel nostro Paese non consideri essenziale facilitare la vita di chi si prende cura degli anziani. Ci hanno sempre insegnato quanto sia un valore civico e morale altissimo, ma poi se non ci sono le condizioni le persone sono portate ad agire diversamente e considerare le rsa e le case di cura come l’unica alternativa.

Cosa suggerirebbe in tal senso?

Alle persone di non lamentarsi ma di agire inviando segnalazioni via pec agli URP (Uffici Relazioni con il Pubblico). Alle Istituzioni chiedo di riconoscere il caregiver come professione e che venga equiparato tale ruolo a quello di chi si prende cura di una persona disabile. Infine, di prevedere dei corsi, essenziali per svolgere al meglio questo compito.

Proprio da considerazioni come questa deriva la sua volontà di essere un “caregiver dei caregiver”?

Esatto, ma è qualcosa su cui sto meditando da tempo, dal 2017 per l’esattezza. È un’idea che è venuta a mia moglie e me, mentre eravamo in vacanza. Quando è morto mio nonno ho visto mia nonna deprimersi e non sapevo come aiutarla. Ho, dunque, capito quanto sia importante avere conoscenze basilari in campo medico e psicologico e che non ci si può assolutamente improvvisare. Questo mi ha portato a fare riflessioni più ampie dalle quali è scaturito www.buongiornononna.it, un blog per anziani e caregiver e per tutti coloro che vogliono approfondire il tema della terza età e dell’aging in place. Un luogo virtuale dove realizzare che non si è soli, dove approfondire, condividere esperienze e mettersi, ancora una volta, a disposizione dell’altro.

La presenza sua e di sua nonna sui social ormai la si può definire virale. Può raccontarci come siete riusciti a conquistare così tanti follower?

Tutto parte da una foto che le ha fatto un fotografo in deshabillé. Volevamo lanciare un messaggio che facesse capire che la bellezza di un corpo non scade, si trasforma con l’età. Grazie ad Alessandro di Sarno, delle Iene, che ha fatto un servizio su di lei e su quella foto, abbiamo incrementato di 50mila unità i nostri follower, in una sola notte.

A livello personale qual è la difficoltà maggiore del suo impegno?

Imparare a gestire l’ansia e riuscire a ritagliare degli spazi per me, per non arrivare ad un burnout. Se si è stanchi e stressati non si riesce ad essere d’aiuto a se stessi, figuriamoci agli altri.

Oltre al caregiver gioca un ruolo essenziale, nella cura dell’anziano, anche la casa. Quali sono gli interventi che ritiene essenziali in tal senso?

Dotarsi di domotica (rilevatori di fumo e di situazioni di pericolo), inserire ausili nelle stanze e montascale per agevolare i movimenti, mettere stoviglie e pentole ad “altezza uomo” in cucina, dotarsi di piastre ad induzione. Gli interventi più importanti, però, vanno fatti in bagno, un ambiente che può essere estremamente pericoloso: docce a filo pavimento, sanitari più alti e maniglie, oltre a sedute, per svolgere le azioni di pulizia in piena sicurezza.

Lei è anche autore di romanzi, in una frase come descriverebbe l’essere caregiver?

Prendo in prestito le parole del maestro Franco Battiato: “Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te”. Per ciascuno di noi le persone care sono “esseri speciali” ed il più grande atto d’amore che si può rivolgere loro è prendersene cura.

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