Interior
16/06/2025 - Tieffe
“Il progetto - spiega l’architetto Alovisi - mira alla realizzazione di un bagno inclusivo, accessibile e funzionale, pensato per soddisfare le esigenze di persone con disabilità motorie e sensoriali, nonché di utenti con stature basse o condizioni come il nanismo. La progettazione integra soluzioni architettoniche, ergonomiche ed elettroniche per garantire comfort, autonomia e sicurezza ad ogni utilizzatore. Nonostante sia progettato per specifiche necessità il bagno è fruibile da tutte le persone”.
L’idea del “campo fiorito” maturata in sede di concorso ben si accompagna ad una visione naturalista e di immersione nella natura, nel tentativo di immaginare uno spazio senza limiti e tranquillizzante, come può essere lo sguardo su un ambiente naturale permeato di serenità ed avvolto in un’aurea primaverile. Infatti, come potete vedere dal progetto, tutte le pareti dell’ambiente sono rivestite con una carta da parati che riproduce un campo di fiori. L’idea di partenza era realizzare un ambiente piacevole e rilassante, dal punto di vista estetico, dove il fruitore potesse immaginare di farsi la doccia in un campo di spighe o fiori, cullato dal rumore dell’acqua, ma anche del vento che muove le foglie e le spighe.
L’obiettivo prefissato era quello di affrontare la progettazione dell’ambiente bagno con un approccio non divisivo sforzandoci di lavorare in termini di accessibilità, senza dover espressamente identificare come esclusivi gli ausili e gli accorgimenti adottati per l’abbattimento delle barriere. In particolare, la nostra riflessione sull’ambiente bagno, cuore dell’intimità e luogo della cura di sé e delle ineludibili necessità corporali, visualizza un’immagine di un luogo certamente intimo e personale, ma allo stesso tempo non divisivo o discriminante per le categorie sopra descritte. Dalla porta di accesso si apre lo spazio di una sorta di “intimità universale”. L’evidente ossimoro riassume la nostra idea di ambiente.
La sensibilità ai temi qui trattati trova a fatica riscontro nella quotidianità, se non come mero rispetto delle regole dettate dalla normativa che sono sì importanti, ma solo un punto di partenza. Si pensi che gli obblighi di accessibilità non sono previsti in molte aree del mondo. Il concorso di Architettura, strumento importantissimo, ahimè spesso disatteso nella concretizzazione dell’idea vincente, è lo stimolo per guardare avanti nella prospettiva di alimentare la riflessione. Ci auguriamo che questo strumento possa diventare elemento guida per informare la prassi progettuale per il miglioramento della vita delle persone.
Il pavimento in resina è dotato di una texture specifica, pensata per consentire ai non vedenti di percepire il tema floreale tramite il tatto; un profumatore diffonde un aroma floreale, rafforzando il concetto del "Campo Fiorito" anche per le persone con disabilità visive; il controsoffitto è realizzato in doghe di legno con struttura metallica, offrendo un aspetto caldo e naturale: il bagno è dotato di un corrimano in acciaio con pittura elettrostatica di colore verde, che si sviluppa lungo il perimetro dello spazio. Questo elemento, interrotto solo dalla porta d'ingresso, è posizionato a un'altezza di 80 cm e misura 15 cm in altezza. Presenta una luce integrata a LED per migliorare la visibilità; sono state installate barre verticali con maniglia, di dimensioni 3,5 x 3,5 cm e larghezza di 10 cm, per facilitare il supporto e i movimenti verticali degli utenti; strisce di LED integrate lungo il corrimano garantiscono una visibilità chiara e continua; la placca WC è dotata di un sensore optoelettronico che facilita l'uso da parte di tutte le persone; uno specchio 70x90 cm dotato di luce LED integrata con inclinazione regolabile di 3° offre un'illuminazione adeguata per tutti gli utenti.
Certamente. Nessuno deve sentirsi estraneo, ma protetto e sicuro in un ambiente confortevole. Con ciò intendiamo naturalmente l’abbattimento delle barriere architettoniche per chi si trova in condizioni anche temporanee di difficoltà deambulatorie e percettive, ma pensiamo anche alla (per quanto percorribile) scelta di non categorizzare la persona ovvero uomo/donna/gender, giovane/anziano, bianco/nero e via discorrendo. Forse può sembrare eccessivo portare il ragionamento a prospettive forse anche provocatorie,, in relazione alla consuetudine progettuale ma ci riserviamo, in questo contesto, di espandere la nostra personale narrazione sull’argomento.
La progettazione architettonica come la intendiamo che, non dovremmo mai dimenticarlo, ha come principale obiettivo la realizzazione di opere a servizio degli esseri viventi tutti, si fonda, almeno in parte della nostra cultura e seguendo una certa narrazione storica, sulle categorie vitruviane di “Firmitas, Utilitas e Venustas” ovvero solidità costruttiva, funzionalità e in ultimo bellezza. A tali categorie potremmo oggi considerare le sfumature che qui vogliamo sottolineare e che, in fondo, sono sempre state presenti nella fruizione degli spazi creati dall’architettura stessa, cioè la percezione multi sensoriale visiva, olfattiva, tattile e acustica. L’approccio multi sensoriale si coniuga perfettamente, nel caso dell’ambiente bagno, e più in generale come noto nella progettazione di ambienti per le persone fragili e con deficit cognitivi. La stimolazione dei sensi deve tener conto anche delle persone che, per svariate ragioni, non ne hanno la piena disponibilità.
Con la nostra impresa, Almeg, ci occupiamo di progettazione a 360 gradi: dalle fondamenta alle finiture di palazzi, ville, appartamenti e uffici. Nel nostro team ci sono diverse figure professionali per cui ci occupiamo di tutto: dalle pratiche edilizie al progetto esecutivo, fino ai dettagli decorativi di arredo, carta da parati e tessuti.
Pensare e poi progettare spazi per le persone dovrebbe necessariamente comprendere il concetto di appartenenza ad una comunità globale, senza differenze o gerarchie di alcun genere. Lo spazio di vita, sia esso un bagno o qualsiasi altro ambiente, fin dalla “caverna” verrebbe da dire, è per sua natura conformato alla vicenda umana in generale. La cultura antropologica ha subito un’evoluzione naturale che, suddividendosi in categorie talvolta discriminanti per alcuni, solitamente le fasce deboli, i fragili e i “diversi”, ha condotto la prassi progettuale a pensare spazi differenziati e categorizzati in virtù di tecnicismi e tendenze eccessivamente razionali e poco empatiche. Da queste riflessioni parte la nostra progettazione quotidiana, e nel corso degli ultimi anni la mia attività professionale è stata fortemente influenzata da questi aspetti, soprattutto dal momento in cui ho iniziato a lavorare anche per La Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino. Il pensiero che l’architettura possa arrivare davvero a tutti e che possa aiutare in qualsiasi contesto, aggiunge un sapore tanto poetico quanto determinante al lavoro quotidiano, donandogli una ulteriore spinta a fare sempre meglio, sempre di più, per tutti.
Moltissimo. La tecnologia è ormai parte integrante della progettazione tutta, inclusiva e non. Non ha più senso progettare senza considerarne l’evoluzione, sarebbe come restare sempre un passo indietro rispetto agli obiettivi qualitativi che si potrebbero raggiungere.
Con la Almeg mi sto occupando di partecipare ad altri concorsi: il secondo posto ottenuto con il concorso organizzato da Ponte Giulio ci ha certamente motivati a metterci ancora alla prova, divertendoci e lavorando in team! Privatamente, ci stiamo occupando della progettazione d’interni e del progetto colori per una persona affetta da daltonismo, cosa che si rivela tutt’altro che banale, ma estremamente interessante come sfida per un professionista che voglia rendere piacevoli universalmente i suoi ambienti interni! Oltre e diverse ristrutturazioni per privati, tramite La Piccola Casa della Divina Provvidenza sono innumerevoli i progetti per ospitalità ai quali stiamo lavorando.
- Tieffe
Un campo fiorito: l’idea di bagno di Giulio Alovisi
Uno spazio modificabile e adattabile non solo alle esigenze delle persone e del tempo
- Francesca Cesarano
Spazi pubblici inclusivi: Il futuro dell’accoglienza