Interior

26/01/2023 - Tieffe

“La casa è come un vestito: va fatta su misura di chi la abita”.
Clara Bona

Architetto e giornalista, ha condiviso con Over riflessioni sul presente e sul futuro dell’interior design

“La casa è una macchina complessa e fondamentale per il nostro benessere, è un involucro, ma principalmente è fatta dalle persone che la vivono. Per questo ogni casa che progettiamo è unica”.

Abbiamo scelto queste parole, tratte dal sito di studio98, per iniziare l’intervista a Clara Bona, architetto, giornalista ed ideatrice dello studio. Oltre a occuparsi di architettura di interni, allestimenti, ristrutturazione in ambito residenziale, commerciale e di uffici, è redattrice di articoli di architettura e design per quotidiani e riviste. Ama moltissimo il suo lavoro, che svolge con grande dedizione da 35 anni, tanto da scegliere di fare questa chiacchierata con Over proprio nel giorno del suo compleanno.

Innanzi tutto, tanti auguri da tutti noi. Partiamo da questa sua grande passione sia per l’interior design che per la scrittura: può descriverci come riesce a conciliare le due attività. E oltre a questo, quanto è cambiato il suo modo di comunicare dopo l’affermarsi dei social network?

Scrivo da quando ho iniziato la professione, perché ho sempre creduto che la divulgazione dei miei progetti e della mia visione dell’architettura di interni fosse il migliore biglietto da visita per il mio lavoro. La grande svolta, in tal senso, l’ho avuta con l’entrata in scena dei social network che hanno portato tutti a cimentarsi con un diverso modo di comunicare. Una volta, sulle testate specialistiche e sui quotidiani, parlavo dei miei progetti quando erano ultimati e, per quanto tentassi di descrivere tutto nel dettaglio, era complesso rendere partecipe il lettore dei diversi aspetti legati al compimento del lavoro stesso. Oggi invece, con i social media, riesco a fare storie che mi consentono di mostrare il work in progress, le difficoltà, le soluzioni ed a rendere molto più comprensibile quello che faccio e le mie scelte. I social mi hanno consentito, poi, di comprendere che è in atto un vero e proprio cambiamento d’interesse rispetto alla mia professione: mentre, prima, le persone si interessavano al mio lavoro solo se dovevano fare una ristrutturazione, oggi c’è una curiosità a prescindere legata al mondo dell’interior design e questo mi invoglia ancora di più a comunicare. Ogni settimana scelgo un tema e trovo una chiave di lettura per affrontarlo, con spontaneità. Va detto, però, che questo tipo di confronto funziona molto con il follower, con il quale ho un approccio molto diverso che con il lettore di un quotidiano, di un sito o di una rivista. Con questi ultimi cui mi relaziono in maniera più rigorosa.

Lei si occupa principalmente di ristrutturazioni in ambito domestico. Quanto sono complesse, rispetto ad altri tipi di intervento?

Innanzi tutto, tengo a sottolineare come, negli ultimi anni, si stia assistendo a un vero boom dell’edilizia. Questo anche grazie ai bonus, ma soprattutto perché sono cambiate le esigenze delle persone rispetto alla casa nella quale vivono. Case che oggi si vivono molto di più, anche per lavoro, e ciò ha reso necessario, in molti casi, una rivisitazione delle stesse.

Quanto ha influito, in tal senso, la pandemia? Come è cambiato il modo di intendere la casa e le esigenze di chi la vive?

Sicuramente la pandemia ha giocato un ruolo centrale, rispetto al modo di vivere la casa. Faccio un esempio: tra i miei clienti ho molti ragazzi giovani che vivono in abitazioni di 30 metri quadrati. Prima uscivano la mattina e rientravano la sera e questi spazi erano più che sufficienti per loro. Oggi che si trovano magari a fare dello smartworking, gli stessi spazi risultano più sufficienti per vivere e lavorare. Il mio ruolo professionale è anche questo: riorganizzare gli spazi per creare ambienti più vivibili e più utilizzabili per diversi scopi. Ci sono famiglie, poi, che avevano delle aree delle abitazioni totalmente inutilizzate. Dopo la pandemia mi hanno chiesto di dare ad essi nuova vita, per sfruttare al meglio ogni angolo e rendere le case a loro misura, in tutto e per tutto. Quindi diciamo che attualmente la mia professione ruota attorno a 3 r: ristrutturazione, riorganizzazione e ridistribuzione.

A parte a livello comunicativo come è cambiato il suo lavoro, in questi anni?

Diciamo che il web mi ha messo di fronte ad un diverso approccio anche con il cliente. Prima il mio lavoro era solo on site, ossia venivo chiamata per una ristrutturazione, mi recavo in loco e facevo un progetto di massima e un preventivo. Oggi invece alcuni clienti, che devono compiere minimi cambiamenti, mi scrivono in rete, mi mandano le planimetrie, le foto e brevi video. Io, in tal modo, riesco a consigliare on line dei piccoli interventi di ottimizzazione degli spazi, o degli arredi. Non sempre questo tipo di consulenza si rivela realizzabile e così consiglio di rivolgersi ad un architetto che possa fare una valutazione in loco. Voglio anche sottolineare che è proprio cambiato l’approccio che ha il cliente con il tecnico: prima tendeva ad affidarsi molto più a noi, oggi arriva con delle idee già ben definite su interventi, scelta dei prodotti, dei materiali e questo rende più difficile, per noi, operare.

Al riguardo, quali sono le problematiche principali che solitamente affronta in termini di progettazione e realizzazione di ristrutturazioni?

Come dicevo, quando il cliente non si affida al professionista è già un primo ostacolo. Il lavoro viene svolto lo stesso, ma il risultato è decisamente meno soddisfacente, sia per l’architetto che per il cliente stesso. Inoltre, oggi, purtroppo ci viene spesso richiesto di lavorare con un budget ristretto e questo porta a fare delle scelte d’impresa che alla fine non pagano, anche in considerazione del fatto che i materiali sono notevolmente aumentati, così come i costi delle imprese che svolgono il lavoro. Infine, c’è un grosso problema con le forniture: un ritardo di consegna di un materiale può mettere in crisi un cantiere che lavora in “catena di montaggio”.

La nostra società sta drammaticamente invecchiando e quindi si parla sempre più spesso di aging in place. Lei ha molte richieste di riorganizzazione degli ambienti, in modo che diventino adatti ad ogni età?

Io ho una clientela prevalentemente giovane, però spesso mi viene richiesto di rivedere gli spazi e soprattutto i bagni delle abitazioni dei loro genitori per renderle barrier-free. È un lavoro che mi piace e mi gratifica perché credo che l’interior design dovrà andare proprio in questa direzione, ossia a creare o riorganizzare spazi e arredi in modo che siano vivibili per persone di ogni età.

Ha accennato alla ristrutturazione del bagno. Anche il concetto di questo ambiente è cambiato. Le persone, ormai lo considerano una stanza come un’altra della casa, dove rilassarsi e prendersi cura di sé. Come la progettazione in ambito urbano sta considerando questo aspetto?

Nel 90% delle ristrutturazioni che metto in atto c’è anche il rifacimento del bagno. L’istanza che mi viene, principalmente, rivolta è che non ci sia la vasca, bensì la doccia. Poi mi vengono richiesti materiali che non si macchino, resistenti e sicuri. L’inserimento della vasca mi viene domandato solo se nell’abitazione ci sono due bagni, o se ci sono bambini piccoli. Un altro punto cardine è che l’ambiente coniughi funzionalità e bellezza, perché come diceva lei il bagno è, ormai, una stanza da vivere a tutti gli effetti, dove ricavarsi un momento di benessere. E non ci può essere benessere in un luogo brutto, non crede?

Vorrebbe condividere con i lettori di Over una riflessione su come è cambiato l’interior design in questi anni e come si aspetta cambierà ancora?

Come accennavo prima, è proprio cambiato il sentiment delle persone rispetto alla nostra professione. Oggi il cliente ha molta più cultura rispetto a progetti, prodotti e materiali. Questo spesso lo porta a richiedere la consulenza a più studi e poi a fare una valutazione, in base a quello che si avvicina di più alle sue necessità economiche e di tempo ed al suo gusto. Lavorare con persone che hanno idee già così ben definite è complesso e lascia poco spazio alle nostre capacità, alla nostra esperienza. Inoltre, spesso ci viene chiesto di operare su ristrutturazioni già effettuate e questo ci pone dinanzi a difficoltà ulteriori e margini di intervento ancor più ristretti. Per quanto concerne il futuro lo vedo in maniera molto positiva, perché c’è molto più interesse a vivere circondati dal bello e dal funzionale. Le nostre città stanno cambiando e stanno aumentando gli spazi urbani, quindi avremo molto da lavorare.

Cosa consiglierebbe a un architetto che si appresta ad iniziare la professione?

Di fare della propria passione un lavoro. L’architettura lo è stata, per me. Ho sempre osservato molto, nei viaggi, nelle trasferte e ho portato questo bagaglio con me, facendone uno strumento. Consiglio anche non sentirsi mai arrivati: ogni giorno veniamo sottoposti a un milione di stimoli ed essi sono tra le principali ricchezze di qualsiasi lavoro, del nostro in particolare. Per quanto concerne l’interior design suggerisco di conoscere bene i propri clienti e le loro necessità, perché l’obiettivo primario di chi svolge la nostra professione è costruire case che corrispondano all'animo di chi le abiterà.


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