p>Secondo quanto riporta lIstat la sopravvivenza è prevista in aumento. Entro il 2065 la vita media potrebbe crescere fino a 86,1 anni e fino a 90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne (80,1 e 84,6 anni nel 2015).
(fonte Istat)
La questione, quindi, di come avviarsi verso una vecchiaia serena è un argomento dibattuto in Italia. Nelle famiglie si ha sempre meno possibilità di garantire unassistenza quotidiana agli anziani, essendo esse diventate nuclei molto più ristretti di un tempo; non per tutti le case di riposo divengono reali alternative sia per i costi, non sempre accessibili, sia perché per molti rappresentano una soluzione che cozza con il voler mantenere la propria indipendenza.
In questo panorama si sta facendo strada un modello residenziale ormai diffuso nel mondo: il Cohousing.
Che cosè il Cohousing
Si tratta di complessi abitativi dove ogni residente ha una casa propria, o in coppia, e dove ci sono spazi comuni che vengono condivisi, in modo da creare una piccola comunità. Luoghi, spesso, co-progettati con le stesse persone che li andranno ad abitare.
Dove nasce e quando
Il Cohousing nasce in Danimarca negli anni 60 e oggi è principalmente diffuso nel Nord Europa (Danimarca, Svezia, Norvegia, Olanda, Inghilterra, Germania, Francia), ma anche negli Stati Uniti, in Canada, in Australia ed in Giappone. In Italia si sta incominciando ad affermare ora.
I vantaggi
Scegliere questa soluzione di vita presenta alcuni vantaggi: non solo si risiede, a tutti gli effetti, in una casa propria, con spazi propri, ma si è in contatto con persone della stessa età con le quali condividere alcune attività. La vita risulta più semplice in quanto vi sono servizi garantiti e assistenza. Ne risulta un ambiente sicuro, particolarmente adatto agli anziani, abbastanza alla portata di tutti, in quanto si condividono anche i costi.
Altre forme di Cohousing
Vi sono molte forme di coabitazione. Ad esempio possono esserci persone anziane con case grandi che scelgono di affittare le stanze, ospitando coetanei o studenti universitari. In cambio questi ultimi devono collaborare nei lavori domestici, nel pagamento delle bollette e tenere loro compagnia. Oppure si può condividere un complesso residenziale, creandolo su misura con un progetto comune tanto da far nascere una vera e propria comunità. La progettazione partecipata consente ai futuri cohouser di creare la loro collettività. Da subito, così, si sviluppa aggregazione tra le persone che dividono il disegno e si arriva a realizzare spazi organizzati e su misura di chi li abita. Non solo dunque il progetto edilizio ma anche quello di comunità: cosa e come condividere e come gestire i servizi e gli spazi comuni.
È davvero una soluzione?
Come tutte le novità ancora suscita notevoli perplessità. Indubbiamente spartire alcuni spazi e servizi può provocare dissapori, così come capita, ad esempio, nei condomini.
Però chi sceglie questo tipo di soluzione sicuramente parte da una predisposizione alla condivisione e collaborazione e questo sviluppa a una maggiore facilità di dialogo e volontà di evitare scontri e litigi.
Il cohouser può attendere
Per diventare un cohouser ci sono dei tempi da rispettare legati alla realizzazione del progetto, allindividuazione di un numero sufficiente di persone che vi aderiscano, allindividuazione del terreno su cui edificare o di un edificio da ristrutturare.
Da quel momento salvo imprevisti e rallentamenti attribuibili ai diversi step amministrativi ed ai tempi tecnici (acquisto del terreno o delledificio, permessi di costruzione/ristrutturazione, erogazione del mutuo) il cantiere può durare da un minimo di 12 mesi a 24.
Per maggiori informazioni sul Cohousing in Italia
Vi è un portale Cohousing.it che raccoglie una community di oltre 20.000 iscritti e un team di esperti della società che valuta circa 6-7 progetti al mese. Una società, si legge sul sito, che si propone di innovare i modelli abitativi partendo dalle persone, dalle loro esigenze, dai loro desideri.