Interior
25/06/2021 - Redazione
“Un luogo aperto dove poter raccontare un mondo, quello del design, che troppo spesso dialoga solo con se stesso”.
A volte penso che quella per il design sia da sempre stata una mia esigenza. Mi appassiona la voglia di creare, di plasmare e di dare vita agli spazi e alle cose. Il primissimo interesse per il design è nato tra i banchi di scuola, quando frequentavo l’istituto d’arte a Siena. Ricordo ancora di quando scoprii per la prima volta la lampada Arco dei fratelli Castiglioni. Fu una sorta di illuminazione che mi fece scegliere e capire la mia strada.
Siena è una città di una bellezza antica, giunta fino a noi da una miracolosa gestione del tempo, degli ammodernamenti e dei restauri. Forse è un po’ la sintesi del design: imparare dal passato, progettare per il presente e anticipare le esigenze future. La mia città è un’ispirazione continua, che arricchisce il mio lavoro. Quella di fermarmi a lavorare a Siena è stata una scelta che a mio avviso ha premiato il mio lavoro, irrobustendolo.
I social sono stati una benedizione, va ammesso. Poi come tutti gli strumenti devono essere utilizzati con raziocinio e metodo, però di sicuro hanno accorciato le distanze e consentito di approcciarsi a una quantità di informazioni impensabile in passato. Anche la qualità è diventata in questo modo più accessibile. Si possono conoscere di più e meglio tutti gli aspetti che riguardano gli utenti finali. Progettare è diventato più ambizioso, ma soprattutto più focalizzato su chi realmente farà uso di un prodotto o di un servizio. Un design human to human, insomma.
Un progetto di valore ha a cuore la sua funzionalità intrinseca. La user experience, in relazione alla progettazione, diventa quindi un tema cruciale, su cui si sta investendo solo in termini di forme, dinamiche e utilizzo, ma anche in termini di materiali, durabilità ed ergonomie. La customizzazione resta una chiave fondamentale, a mio avviso. Da un modello, tanti modelli, adatti a più esigenze e capaci di totalizzare funzionalità ed approcci estetici in grado di essere inclusivi.
A me piace pensare il design come un’esigenza costante delle persone. Sul mio sito una volta ho parlato di “vivere bene a casa in tutte le stagioni della vita”. Quello del "design 4 all" deve essere una scommessa da vincere, piuttosto che un limite o un vincolo progettuale. Come detto precedentemente, la customizzazione centrata sulle funzionalità finali degli utilizzatori è la via che, personalmente, mi sento di percorrere.
Il bagno è un luogo intimo, in cui decidiamo di trascorrere del tempo che riserviamo a noi stessi. Negli ultimi anni questo spazio è andato sempre più ingrandendosi, tanto che ad oggi si parla spesso di “stanza da bagno”, non solo di “bagno”, come se avesse acquisito una nuova dignità. Più spazio significa più idee progettuali da porre in atto. E l’inclusività deve giocare un ruolo da protagonista, perché, è giusto ricordarlo, progettare è anche anticipare le esigenze future. Servono lungimiranza e concretezza.
Il blog ha il vantaggio di evolversi nei contenuti, molto più facilmente che in altre piattaforme. È uno spazio mio che però condivido con i miei lettori. Mi piacerebbe ingrandirlo ancora di più, magari aggiungendo una sezione dedicata a chi vuole comprendere maggiormente gli albori del design. Mi sa che ho appena fatto un piccolo spoiler!
Gli spazi ci devono somigliare, devono essere una nostra estensione. Stare bene nell’ambiente domestico è necessario, a prescindere dalla quantità di ore che trascorriamo al suo interno. Bisogna quindi evitare la monotonia. Ci si stanca – a prescindere dai metri quadrati della nostra abitazione – di avere a che fare sempre con gli stessi ambienti, gli stessi decori, gli stessi colori. La luce, i colori e gli arredi devono essere pensati con questa prospettiva. E, soprattutto, è tempo di affidarsi maggiormente alla tecnologia e alla domotica per i nostri spazi. Non aprirsi agli eccessi tech, ovviamente, ma impiegare sapientemente certi dispositivi e integrarli al meglio, già in fase progettuale.
- Tieffe
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La “matita” che ha reso materia il concetto dell’inclusività