Interior

30/06/2022 - Tieffe

Sconfiggere il tempo con linee che attraversano il passato per giungere al presente

Over ha intervistato Federico Peri designer innovativo e raffinato interprete di soluzioni per interno

Federico Peri, lampada retrò e unica
Federico Peri, designer innovativo e raffinato

Cogliere l'essenza dell'oggetto, creando forme senza tempo che proprio nel tempo trovino la loro essenza. È quello che esprimono le creazioni di Federico Peri, designerinnovativo e raffinato, in grado di trovare il giusto mix tra eleganza e modernità, ispirazione e tecnica, ricerca e contaminazioni, design e interior.

Classe 1983, nasce a Montebelluna (Treviso) e dopo gli studi all'Istituto Europeo di Design di Milano si trasferisce a Parigi. Nel 2011, fonda il suo studio dove disegna per FontanaArte, Purho, Salviati, oltre a collaborare con Oasis e Baxter.

Ciò che predilige, e rende unico il suo lavoro, è la sperimentazione su forme e materiali: una sperimentazione che parte dall’artigianato, per arrivare al design più contemporaneo. Con lui abbiamo parlato di progettazione, materiali e architettura d’interni per fornire ai nostri lettori uno sguardo a tutto tondo su questo settore che ha reso l’Italia un’eccellenza nel mondo.

Perché designer? È sempre stato il suo desiderio, sin da piccolo?

Non saprei dire cosa sia scattato in me, per farmi scegliere questa professione. Ma credo derivi dalla mia infanzia: ho passato molto tempo a casa dei miei nonni che avevano un’impresa che produceva scaffalature di metallo. Il capannone aziendale era vicino alla casa e io, quindi, spesso giocavo con gli scarti di produzione. Avere dei “lego” personalizzati con cui creare insiemi e oggetti e immaginare ambienti e creazioni uniche ha stimolato la mia fantasia e creatività e, negli anni, mi ha fatto capire che poteva essere la mia strada.

Milano e, poi, Parigi come è cambiato il suo modo di “fare” design?

Parigi ha rappresentato una tappa fondamentale nella mia carriera. Ho vinto una borsa di studio che prevedeva il soggiorno in una residenza per artisti nella capitale francese. Ho avuto l’occasione di vivere in un ambiente ricco di contaminazioni: abitavo, oltre che con designer, con video maker, pittori, registi, scultori. È stato un periodo prezioso per la mia formazione, che mi ha aperto la mente. Poi sempre a Parigi ho avuto il mio battesimo lavorativo, in un ottimo studio. Se non avessi ricevuto un’offerta professionale irrinunciabile in Italia, sarei, probabilmente, rimasto ancora.

Tematiche come il design universale e l’inclusività sono estremamente attuali: pensare a spazi o prodotti pienamente accessibili e fruibili da tutti è un aspetto che oggi viene tenuto molto in considerazione, pur rimanendo, per certi aspetti, pura utopia. Condivide questo punto di vista?

Assolutamente. Ormai viviamo in un tempo in cui l’esigenza del cliente è al centro di tutto, dunque anche del nostro lavoro. Un progetto universale è un progetto che parte proprio da colui o coloro che ne fruiranno. Mi passi il neologismo, è cliente centrico. Sicuramente nell’ambito del design stiamo tentando di farlo diventare realtà.

Come integrare queste variabili ad aspetti di carattere più estetico?

Tutto parte dalla progettualità, sia per quanto concerne la progettazione industriale, sia per il design customizzato. Parlo di progettualità perché qualsiasi oggetto o ambiente può e deve essere inclusivo, perché questo rappresenta un plus. Design, eleganza, unicità possono solo venire esaltate dall’inclusività.

In base alla sua esperienza e cultura di progettista ritiene che sia possibile realizzare prodotti che consentano una esperienza d’uso ottimale, per qualunque tipo di utente?

Se, come accennavo in precedenza, partono dalle esigenze del cliente finale sì. Intendo dire che se al centro del tutto si mette l’essere umano, con le sue diverse età, diverse abilità, con le sue fragilità ed i suoi gusti si può riuscire a conciliare estetica e funzionalità, sicurezza e design, inclusività ed eslcusività.

Il bagno è uno dei contesti in cui si avverte di più l’esigenza di un design declinato secondo una logica di universalità: è un luogo che reclama inclusività, ma che spesso si scontra con barriere architettoniche insormontabili. Come immagina, lei, questo ambiente?

A mio parere l’essenzialità è il concetto da cui partire per realizzare un ambiente bagno. Le sovrastrutture, in questo caso, inficiano su pulizia e ordine. In spazi come i bagni, ritengo molto importante scongiurare il caos visivo, attraverso superfici materiche sostanziali e prodotti polifunzionali che, partendo dall’oggetto come è sempre stato inteso ed attraverso la tecnologia, si evolvano, senza, però, perdere la loro essenza. Faccio l’esempio di un lavabo con mobile contenitore con annesso asciuga mani ad aria. Potrebbe essere la migliore esemplificazione di quello che intendo.

Quali sono, a suo giudizio, gli ambiti in cui c’è più difficoltà nel garantire questa necessità?

In ambito domestico sicuramente la cucina, dove è molto difficile far coesistere l’inclusività con elettrodomestici, grandi e piccoli, fuochi, tavoli, sedie e suppellettili. Ma con un progetto adeguato e un committente capace di rinunciare ad alcune aggiunte, in favore di funzionalità e sicurezza, anche in questo ambiente le barriere e la poca sicurezza possono diventare un ricordo. Per quanto riguarda gli spazi pubblici, forse, la ristorazione.

A cosa sta lavorando in questo momento? Ha progetti in cantiere?

Sono impegnato in diverse collaborazioni, per il prossimo Salone del mobile. Poi sto lavorando alla realizzazione di un hotel e di alcune residenze private. Per quanto riguarda i prodotti, nello specifico, sto realizzando alcuni oggetti destinati al mercato dell’illuminazione. Infine, mi sto dedicando a un comparto per me nuovo, quello degli accessori, ma ancora non è tempo di parlarne nel dettaglio.

Qual è la sua realizzazione che ritiene più innovativa e perché?

La lampada Galerie, creata per FontanaArte. La ritengo innovativa per l’azienda che me l’ha commissionata, non solo perché è realizzata con quattro materiali diversi - vetro, metallo, pelle e marmo -, una scelta mai intrapresa dal Gruppo, ma anche per il lume. Mi sono ispirato alle vecchie lanterne, che avevano una luce gialla, ma FontanaArte predilige copri lampade bianchi. Così ho realizzato un lume incamiciato, di vetro bianco in esterno e ambra all’interno. In questo modo abbiamo ottenuto l’effetto lanterna, senza snaturare il loro stile.

Come immagina il futuro del design?

Per come si sta evolvendo il settore ritengo avrà il suo sviluppo in due ambiti totalmente differenti: al futuro si giungerà attraverso progetti per prodotti personalizzati e industriali, di alta qualità. Sono due rami di produzione diametralmente opposti: il primo, infatti, si concentra sul dettaglio e non contempla la serialità; il secondo, al contrario, si basa sulla serialità, spesso sacrificando il particolare. Credo vada contemplato, però, anche un terzo scenario, decisamente futuristico, il metaverso: design destinato a un mondo parallelo i cui progetti non vengono venduti, ma ne vengono commercializzati licenza e diritti. Ancora non se ne conoscono molti dettagli: in ogni ritengo che sarà proprio il design a proiettarci nel futuro.

Federico Peri, letto funzionale e innovativo

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