Interior

21/06/2022 - Tieffe

Là dove sei felice, sei a casa

L’architetto Graziella Mercuri racconta ad Over un progetto unico al mondo, di residenza per disabili

“La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte”
Khalil Gibran

Gli appartamenti che hanno progettato gli architetti Graziella Mercuri e Walter Fazzalari della Cooperativa Di Vittorio, a Torino, sono un grande corpo in grado di accogliere chiunque, senza distinzioni di abilità. Edifici che non sono più “solo” luoghi dove risiedere, ma dove fare attività, anche con i vicini, attorno a cui far ruotare il proprio mondo, se non tutto almeno una parte.

Un progetto ambizioso che, come spesso accade, è nato da un incontro con una persona speciale e che è diventato unico al mondo.

Incomparabile non solo perché è totalmente inclusivo, ma anche perché è etico, in quanto prevede la condivisione di spazi ed attività per persone disabili e persone normodotate. Quando l’abbattimento delle barriere, insomma, non è esclusivamente una questione di edilizia. A raccontarci il progetto, nel dettaglio, è uno degli architetti che lo ha realizzato, Graziella Mercuri, esperta di housing sociale.

L’edificio di Orbassano, inclusivo e senza barriere

Architetto ho accennato che tutto è nato da un incontro con una “persona speciale”, ce lo vuole raccontare lei?

Il progetto di inclusione e nasce da un’idea di Gianluca Pitzianti, un ragazzo che, a seguito di un incidente stradale, è diventato tetraplegico, da Tiziana Nasi e Lauretta Capponi, che ci hanno messo in relazione con un mondo per noi poco conosciuto.
Gianluca, durante la sua convalescenza all'unità spinale presso il C.T.O. di Torino, ha immaginato di far convivere persone normodotate insieme a persone che hanno gravi disabilità motorie. In occasione dell'inaugurazione del primo Social Housing a Orbassano ci hanno proposto questa sfida.

Un complesso abitativo unico al mondo non solo perché è cucito sulle esigenze di persone con gravi disabilità motorie, ma perché, attraverso l’edilizia, arriva all’inclusività sociale. Può illustrarci in che modo?

L'architettura, come disciplina, ha il suo risvolto etico e, nella progettazione, siamo stati attenti alle esigenze di persone con grave disabilità motoria, al fine di inserirle all’interno di un quadro articolato di nuclei familiari, perseguendo l’obiettivo di una forte connotazione di inclusione sociale, soprattutto cercando di restituire dignità e valore alla loro vita. L'inclusione è proprio quella di vivere la propria condizione di disabilità all'interno di un complesso residenziale senza barriere e separazioni, insieme a persone normodotate, vivendo spazi comuni aperti, per creare collettività. L’attacco a terra dell'edificio ospita spazi per attività comuni, progettati con particolare attenzione alla fruibilità e accessibilità, al fine di permettere una maggiore integrazione con la vita della comunità. Nello specifico si tratta di locali per attività rieducative e assistenza psicologica e luoghi collettivi di relazione.
Questi spazi e le attività ad essi connesse sono rivolti sia agli abitanti della casa e sia agli abitanti del territorio e saranno gestiti e presidiati da associazioni specializzate del terzo settore. Sul piano di copertura dell'edificio è stata realizzata una ampia terrazza, attrezzata come spazio di ritrovo e punto di relazione: è dotata di barbecue, di orti alti per la coltivazione di piante aromatiche, in modo che possa fungere da stimolo per lo sviluppo emotivo, accrescendo l'autostima e il sistema relazionale; un grande valore aggiunto per le persone con disabilità. Questi spazi devono servire per creare relazioni di comunità tra i diversi abitanti della casa e gli abitanti del quartiere: solo attraverso il “fare insieme” si creano relazioni.

Lei, in una precedente intervista, ha definito questi appartamenti flessibili, può spiegarci cosa intende?

Il progetto degli alloggi è stato indirizzato a caratteri di flessibilità: la struttura delle unità abitative propone un modello con camere dedicate a personale di supporto, favorendo l'assistenza quotidiana e dandole una dimensione famigliare. Attraverso un'attenta progettazione e con un contenimento dei costi sono stati predisposti gli impianti con modalità tali da consentire un necessario e costante aggiornamento delle unità abitative alle esigenze specifiche di chi li abita: alloggi e spazi comuni devono poter essere modificati, per quanto possibile e con poche azioni, in funzione dei bisogni e delle storie delle singole persone.

A suo parere chi si ritrova improvvisamente in una condizione di disabilità di cosa ha bisogno immediatamente in casa?

Il problema nasce quando, a seguito di gravi incidenti stradali, le abitazioni di queste persone non sono più adeguate alle loro nuove esigenze. Persone che già si trovano a fronteggiare un reinserimento all'interno di una società che non è sempre pronta ad accogliere persone con disabilità. La prima cosa di cui hanno bisogno è la fruibilità degli spazi: potersi muovere in maniera autonoma, riuscendo a non perdere la fiducia in sé stessi e l'autostima, insomma un ritorno alla normalità. In termini più pratici: ascensore accessibile, domotica avanzata, bagni inclusivi.

Come si rende un complesso abitativo totalmente inclusivo, non solo a livello di costruzione?

Un edificio è totalmente inclusivo quando si riesce a creare quel percorso di autonomia per la persona disabile, assicurandole la possibilità di raggiungere gli obiettivi di qualità della vita desiderati, attraverso la progettazione di spazi di libero accesso e tramite strumenti utili all’ottenimento della massima indipendenza possibile; in questi termini l’inclusione sociale risulta la naturale conseguenza.

Che mercato ci potrebbe essere per questo tipo di edifici?

Per quanto ci riguarda, la "Giuseppe Di Vittorio" è una cooperativa a proprietà indivisa, quindi il mercato relativo a questi tipi di interventi è assolutamente sostenibile. La sostenibilità economica è l’esito di un corretto equilibrio tra valorizzazione e funzionalità degli spazi abitativi, efficienza nei costi di costruzione, sostenibilità dei canoni di locazione e dei costi di servizio; in particolare questi ultimi traggono beneficio dai sistemi tecnologici avanzati e da bassi costi di manutenzione, nel tempo.

I bagni sono i luoghi della casa in cui si possono trovare più barriere. Cosa avete previsto per questi ambienti?

Abbiamo progettato e realizzato bagni attrezzati per persone disabili con apparecchi sanitari ergonomici, con sistemi tecnologici impiantistici, tali da garantire un maggiore accumulo di acqua, proprio per consentire loro di fare docce calde più lunghe rispetto agli accumuli di acqua previsti per persone normodotate, sistemi di aperture porte agevoli, chiusura tapparelle con comandi vocali.

L’Italia è un paese anche di borghi, edifici antichi e case di vecchia costruzione. Crede che progetti come questo possano riuscire ad abbattere le barriere di abitazioni già esistenti?

Il patrimonio storico esistente nel nostro paese, spesso di grande valore, non sempre è idoneo ad essere adattato e trasformato in luoghi che favoriscano la mobilità di persone con forti disabilità. Ogni caso va valutato a sé: il borgo è un contesto che favorisce l’interrelazione sociale, il rapporto di vicinato e può favorire l’inclusione sociale; se gli edifici si prestano a adeguate opere di adattamento allora il risultato potrà essere positivo, ma è una realtà tutta da indagare e verificare.

Avete altri progetti simili di prossima realizzazione?

Abbiamo consegnato il complesso residenziale di Orbassano il 3 maggio scorso e stiamo procedendo ad una indagine valutativa del progetto che prevede un’analisi di implementazione articolata in 3 fasi (ex-ante, in itinere, ex post), finalizzata a raccogliere le testimonianze e le esperienze delle persone coinvolte nel progetto.
Gli ambiti di impatto sono:

  • Promozione dell’autonomia e della vita indipendente: si vuole approfondire come la soluzione abitativa nello stabile promuova l’indipendenza, l’autonomia e l’empowerment dei residenti, sia di chi ha una disabilità, sia delle famiglie.

  • Coesione sociale e partecipazione: considerando che il progetto prevede la realizzazione di spazi comuni e il coinvolgimento di associazioni, si mira ad analizzare come e se la presenza di spazi condivisi impatti sulla vita dei beneficiari con disabilità gravi e delle rispettive famiglie, con gli altri residenti dello stabile e gli abitanti del territorio.

  • Accessibilità e transitabilità degli alloggi: analizza, tramite le testimonianze dei beneficiari diretti, la risposta del progetto di social housing alle esigenze di persone con disabilità gravi e in condizioni di fragilità socioeconomica.

  • Integrazione con i servizi sociosanitari: osservare se il progetto abbia o meno impatto nella relazione delle persone con i servizi sociosanitari di riferimento.

Tutto questo proprio per misurare l'impatto sociale di questo edificio, unico nel suo genere.
Un progetto che stiamo ultimando, simile dal punto di vista etico e sociale a quello di Orbassano, si trova nel Comune di Nichelino. A Nichelino vogliamo proporre nuovo modello di abitare, dove l'aggregazione e la socializzazione sono punti fondamentali. Agli abitanti-soci, non solo gli si assegna una casa dignitosa, ma, incluso nel canone di locazione, c’è anche un servizio socioassistenziale, per un aiuto nella vita di tutti i giorni.
Otto appartamenti, infatti, saranno destinati a persone anziane autosufficienti, alle quali saranno forniti servizi di aiuto domestico e preparazione pasti, accompagnamenti sanitari, affiancamento nell'utilizzo dei servizi territoriali, piccole manutenzioni e supporto alle procedure multimediali, vigilanza e sicurezza, come il telesoccorso, gestione delle medicine.
Al piano terra è previsto uno spazio adibito a servizi, tra cui il portierato sociale, gestito da operatore sociale formato che dedicherà circa 2 ore al giorno a coordinare tutte quelle attività di gestione, e raccogliendo le richieste quotidiane dei residenti: farà da collante tra i vari inquilini, per risolvere le varie problematiche tra le diverse famiglie dell'immobile.

Come dovrebbe cambiare, a suo parere, l’architettura, nei prossimi anni, per diventare davvero inclusiva?

La cultura architettonica del nostro paese affronta il tema della disabilità e dell’inclusione con una consapevolezza molto più matura che in passato. I modelli abitativi si diversificano, partendo da esperienze di altre realtà, in particolare nordeuropee, ma sempre più assumono un carattere “mediterraneo” altrettanto attento ed inclusivo. Quello di Orbassano è un piccolo tassello che credo troverà riscontro, presto, in molte altre realtà italiane.


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