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11/10/2024 - Tieffe

Hackability, quando un semplice oggetto può migliorare la vita di chi lo usa

Over ha incontrato l’Organizzazione non profit che punta a far emergere nuovi bisogni legati all’accessibilità

Accessibilità grazie alla tecnologia

Sviluppare oggetti di uso comune per migliorare la vita delle persone con disabilità o degli anziani. Questa la mission di Hackability, l’Organizzazione non profit nata a Torino nel 2016.
Hackability svolge la sua attività coinvolgendo persone con disabilità, anziani e caregiver, in un processo che punta sul co-design e l'inclusive thinking per far emergere nuovi bisogni sociali e culturali legati all’accessibilità, all’inclusione e alla cura. Queste soluzioni possono essere realizzate ad un costo contenuto utilizzando stampanti 3D, schede open source e macchine a controllo numerico. In pochi anni l’Organizzazione ha realizzato oltre 300 progetti e coinvolto più di 1000 persone e sta tentando di costruire una rete di laboratori territoriali di produzione, oltre a formare e offrire strumenti al mondo della disabilità per l’uso autonomo delle tecnologie digitali.
L’approccio proposto da Hackability ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti, come la menzione d’onore al Compasso d’Oro ADI, uno dei più importanti premi di design al mondo.

Quando l’accessibilità è essenziale in ogni ambito

Partiamo proprio dalla menzione ricevuta al Compasso d’Oro volete descriverci cosa avete progettato e da cosa è scaturita l’idea?

Fu premiata la metodologia di co-design, delle raccomandazioni e un kit che permettono alle persone disabili e i caregiver, con il nostro supporto, ma anche senza, di progettare e realizzare, soluzioni innovative e personalizzate per risolvere piccoli e grandi problemi quotidiani di accessibilità. Un approccio che negli anni sta dimostrando la sua validità. Hackability ha applicato questo metodo per co-progettare un futuro più accessibile in ambiti diversi come le grandi aziende, ma anche nelle periferie di Torino, Milano e Parma, nelle scuole, nelle università e nel mondo ospedaliero..

Voi parlate di co-design e inclusive thinking. Potete spiegarci come questo incida non solo nei prodotti, ma anche nei processi di innovazione sociale?

Hackability utilizza un approccio strutturato che si basa sul co-design, cioè la progettazione collaborativa tra diversi attori, per promuovere l’innovazione. Questo non si limita solo allo sviluppo di nuovi prodotti, ma si estende anche ai processi organizzativi e all'innovazione sociale. L’obiettivo è coinvolgere attivamente una vasta gamma di persone e realtà, creando uno spazio in cui tutti possano contribuire, condividere idee e co-progettare soluzioni. Un tale approccio circolare favorisce la nascita di comunità che collaborano, con un’attenzione costante alla loro crescita e manutenzione, per renderle sostenibili nel tempo. In pratica, Hackability non si concentra solo sulla creazione di oggetti o tecnologie, ma anche su come le persone lavorano insieme per innovare, coinvolgendo gruppi eterogenei e costruendo reti di collaborazione a lungo termine..

Un importante gruppo alimentare italiano vi ha chiesto di co-progettare soluzioni che facilitino l’autonomia in cucina. Altro ambiente critico è il bagno. Avete mai progettato nulla in tal senso? Se pensaste di farlo, quale sarebbe la prima criticità che vi verrebbe in mente?

Partiamo sempre dai bisogni che le persone con disabilità espongono, e uno dei problemi più comuni che emerge riguarda, paradossalmente, gli spazi pubblici. Ad esempio, in un museo, il bagno potrebbe essere perfettamente accessibile, ma spesso si trova distante dal percorso espositivo, rendendo meno agevole l’esperienza di visita per molte persone con disabilità. Insomma, capita frequentemente che tutto sia a norma, ma che non risulti davvero funzionale. Questa è una delle tipiche scoperte che si possono fare dando la parola agli e alle utenti e che noi mettiamo a disposizione di tutti..

Negli ultimi anni state tentando di costruire una community dove le persone con disabilità e i caregiver partecipino attivamente alle diverse fasi del processo produttivo. Come pensate di coinvolgere chi vive una disabilità o chi opera in determinati settori nell’individuazione di prodotti atti a superare la non accessibilità?

È fondamentale coinvolgere le persone disabili e i caregiver, in un percorso di ricerca costante. Da quando abbiamo sperimentato il format per la prima volta a Torino, nel 2015, siamo riusciti a coinvolgere sempre più persone, soprattutto giovani che rappresentano una risorsa importantissima. Abbiamo poi scelto di radicarci su diversi territori, proprio per cercare di co-progettare con il più ampio numero di persone possibile..

Quanto è essenziale, in tal senso, il contributo delle tecnologie digitali?

Per le finalità del nostro progetto, il contributo delle tecnologie digitali è importantissimo. La fabbricazione digitale, l’uso di macchine di prototipazione, di stampanti 3D, di schede open source, permette di realizzare soluzioni nuove, personalizzate, in grado di soddisfare i bisogni delle persone con disabilità nella vita quotidiana, nel tempo libero, nell'inclusione lavorativa, producendo un cambiamento nel modo di pensare e progettare. E noi ci impegniamo inoltre a rendere accessibili le tecnologie sia il software, sia l'hardware realizzando, ad esempio mouse e joystick. Detto questo, pur essendo nati pensando ad un modello di diffusione incentrato sulla tecnologia, ci siamo resi conto che le community in grado di sfruttare a pieno le piattaforme tecnologiche sono ancora molto piccole. Ecco perché abbiamo scelto di radicarci fisicamente sul territorio aprendo laboratori come l'InclusiveLab di Torino.".

Avete anche realizzato un campo estivo destinato ai giovani. Ritenete che le nuove generazioni siano sensibili alle tematiche che voi proponete che caratterizzerà non solo la progettazione, ma il vivere futuro?

I giovani per noi sono una risorsa e lo dimostra il nostro rapporto con le università e il mondo della formazione. Soprattutto, questo contatto costante ci consente di far comprendere come la grande sfida dell'accessibilità non sia solo filantropia o dare una risposta ad un bisogno sociale, ma sia anche una opportunità economica su cui costruire il proprio futuro..

Tutto quanto realizzato o sostenuto da Hackability è messo a disposizione gratuitamente nella rete. Ritenete questo un modo immediato e agevole per contribuire alla realizzazione di una società più inclusiva e accessibile?

Mettere a disposizione progetti che possono essere realizzati grazie ai moderni dispositivi tecnologici oggi può sembrare un’operazione semplice, in realtà non molti anni fa era piuttosto complicata. Tutti i progetti vengono liberati in open source e una community, piuttosto ampia, si mette a disposizione per realizzare oggetti di vario genere, a basso costo e scalabili. Ci piace pensare che un domani l’utilizzo della tecnologia alimenti, sempre di più, modelli partecipativi e collaborativi come il nostro..

Soluzioni per migliorare l’accessibilità degli oggetti
Semplici interventi che abbattono le barriere
Hackability è una non profit costituita a Torino nel 2016, per far incontrare le competenze di designer, maker, artigiani digitali, con i bisogni e la creatività delle persone con disabilità e degli anziani e fare crescere delle comunità che tramite la coprogettazione, la fabbricazione digitale, l’uso di stampanti 3D, realizzino soluzioni nuove, personalizzate, in grado di soddisfare i bisogni di autonomia nella vita quotidiana. Per raggiungere questo obbiettivo Hackability ha sviluppato una metodologia di co-design che, oltre a permettere di realizzare oggetti d’uso comune o complessi, soluzioni domotiche, presidi, nuovi servizi a basso costo e scalabili, usa la co-progettazione come strumento per sviluppare impatto sociale, inclusione, nuove competenze e nuova conoscenza sul mondo della disabilità e dell’ageing.

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