People
27/02/2025 - Tieffe
“Ho intercettato la richiesta delle aziende: una formazione tutt’altro che empirica, ma con solide basi scientifiche, capace di poter essere misurata e testimoniata dai numeri. Perché oggi i numeri non si fanno più lavorando tanto, ma operando nel modo giusto, con una attenta misurazione sul ritorno dell’investimento di ogni attività''.
“Ho messo a disposizione – spiega – la mia esperienza maturata nelle aziende in Italia e all’estero, soprattutto nelle sale mostra, dove mi sono occupata principalmente dell’esperienza con i clienti. Ho affiancato venditori e titolari di sala mostra, guidandoli nelle migliori strategie di posizionamento, aiutandoli a superare le criticità e formandoli per accrescere la loro performance di vendita”.
L’Accademia dello Showroom è stata fondata nel 2011 da una intuizione che ho avuto, durante un progetto di formazione sulla comunicazione del personale in un'azienda di produzione di box doccia. Esperienza che mi ha messo in contatto con il mondo dell'arredo bagno e con le differenti realtà del settore. Ho iniziato a fare delle “esperienze misteriose” che hanno l'obiettivo di indagare e poi analizzare cosa vive chi si approccia al mondo della ristrutturazione. La prima cosa che ho notato, facendo questo tipo di attività in giro per l'Italia, è che non c’era una vera e propria capacità di analisi del cliente e come mancasse e come manchi ancora oggi, a distanza di oltre 13 anni, fluidità nell’approccio con il mondo della ristrutturazione. L’Accademia nasce dunque con questo scopo: operare per semplificare le scelte del cliente, attraverso specifiche tecniche di comunicazione. Oltre a questo vengono prodotti contenuti, atti a creare argomentazioni commerciali, utilizzabili di fronte al cliente.
C'è una trasformazione forte in atto in termini di presenza sul mercato. Esistono ancora gli indipendenti, i piccoli negozi. Oggi in Italia sono sempre meno in quanto i grandi gruppi, li rilevano esclusivamente con l’intento di farne operazioni finanziarie. A noi, però, interessa esplorare quello che accade all'interno di un punto vendita e cosa vive un cliente quando entra in esso. In tal senso, purtroppo, non c'è stata un'evoluzione. Ogni anno pubblichiamo l'Osservatorio nazionale dell'esperienza in showroom quindi abbiamo un quadro ben chiaro. Per quanto riguarda i banconisti si assiste, sempre più, a figure che svolgono diverse mansioni: oltre a vendere, devono preparare l'ordine, sistemare il magazzino, caricare i materiali. Quindi non hanno tempo per specializzarsi nella loro attività di vendita, sono dei factotum. Vanno riorganizzati i ruoli perché se si chiede alla stessa persona di svolgere troppe mansioni non riuscirà a dedicarsi adeguatamente a nessuna di esse. Nel mondo showroom, invece, c'è una trasformazione che è già in atto, da qualche anno, ma che non ha avuto ancora un impatto in termini di risultati. Non tutti i clienti oggi si affidano totalmente ai rivenditori: ci sono persone che arrivano già con idee ben precise e informazioni di prodotto, che magari hanno reperito dai social o dagli influencer. In questo senso il ruolo del venditore si deve evolvere, altrimenti non è detto che sappia interpretare le richieste di questo tipo di clientela. Una ristrutturazione è un percorso estremamente importante, articolato ed è bene avere esperienza, per prevenire rischi di insoddisfazione a fine lavoro.
I cambiamenti tecnologici potrebbero avere un ruolo centrale ad esempio nella definizione dei preventivi. Oggi un cliente che entra in uno showroom a chiedere un preventivo attende mediamente 12 giorni lavorativi per ottenerlo e sono tantissimi, soprattutto in un’era dove c’è la concorrenza dell’on line e dell'intelligenza artificiale. Se non è ancora possibile fare dei preventivi in velocità è perché spesso le aziende non sono digitalmente pronte. Non solo nell’offerta iniziale, ma anche nella capacità di capire e approfondire i bisogni del cliente (il nostro Metodo Accademia, ad esempio, guida l’addetto alle vendite difronte al cliente durante tutta la trattativa). Infine è essenziale la presenza di software per la gestione del magazzino. Strutture non digitalizzate, a volte, restano senza materiale o ne hanno troppo in giacenza, perché non hanno a disposizione uno storico corretto. Se le aziende utilizzassero i giusti strumenti, a parer mio, avrebbero dei margini di guadagno decisamente superiori.
Già l'anno scorso il Cresme aveva dato come indicazione che il settore avrebbe perso il 30%. L'anno invece si è chiuso alla pari. Di fatto c'è stato un solo comparto del mondo idrotermosanitario che ha avuto una crescita, quello dei sistemi di filtrazione dell'acqua. Tutti gli altri hanno avuto un lieve calo, ma non parliamo del 30%, come avevano detto. Ad oggi credo che si debba fare un ragionamento diverso: i clienti hanno già le idee chiare su cosa vogliono, quando arrivano in showroom e questo richiede che l'attenzione del distributore sia orientata alla capacità di conversione della vendita. Quando sento parlare di scenari apocalittici mi sembrano fuori contesto: i dati ci dicono che i consumi sono in ripresa, anche grazie ai prezzi dei materiali che sono tornati ad essere stabili.Di sicuro non sono più tempi di vacche grasse, ma stiamo tornando piano piano ai periodi pre-covid.
Voglio condividere un dato su gennaio: rispetto allo scorso anno si assiste ad un incremento di fatturato nel settore. Non solo per quelle aziende che hanno la rete agenti, quindi che si rivolgono all'installatore e che vanno in cantiere, ma anche quelli che hanno un portale dove può accedere l'idraulico. Quindi questo ci fa capire che le aziende che investono in tecnologia, oggi riescono a consolidare i loro risultati, nonostante lo stop alle agevolazioni fiscali.
L'Accademia dello Showroom non è un corso di formazione è un corso di studi. Quando ho scelto il nome della mia società ho voluto dare un messaggio chiarissimo: per fare bene qualsiasi lavoro occorre studiare. Non credo nei corsi di formazione one shot o nei percorsi di formazione da qualche ora, perché per condizionare un comportamento e costruire nuove abitudini bisogna approfondire. Il nostro piano di studi è in tre step; nel primo si impara ad essere umano, o meglio, a tornare umano. Si deve conoscere cosa succede nel cervello di una persona, come usare e dosare alcune parole e comprendere che impatto hanno sulle emozioni dell’interlocutore, sulla sua tranquillità, per costruire la fiducia. Quindi la prima parte è tutta relazionale, empatica. Il secondo livello invece è prevalentemente commerciale: come raccontare un prodotto, per valorizzarlo. Cambiare il punto di vista, far comprendere che un articolo può migliorare le abitudini di vita. Faccio un esempio: il tema della terza età e delle diverse abilità. Per insegnare come trattare questi temi noi ci affidiamo a una squadra di esperti: un'associazione che si occupa di accessibilità, un'azienda di neuromarketing di Trento, che ci supporta anche nella definizione dei nuovi studi che poi applichiamo alla vendita e poi ovviamente l'Accademia, che ha un ruolo istituzionale nella diffusione dei messaggi. Al terzo livello si vanno ad esplorare dinamiche di psicologia, più approfondite. È un percorso adatto a tutti? Lo è per chi ha già venduto in showroom perché può considerare questi insegnamenti come un’evoluzione e un perfezionamento del lavoro che ha sempre svolto. Dopo la teoria facciamo la formazione pratica in affiancamento: siamo noi formatori a relazionarci con il cliente, affiancati dal venditore. Perché facciamo questo? Per dimostrare come risponde il cliente quando gli si dicono le cose in un certo modo. Questo ha un’influenza e enorme sull'apprendimento del venditore perché comprende che la messa in pratica è efficace. L'Accademia dello Showroom si è posta come obiettivo di aumentare la cultura della vendita nelle sale mostra: finalità ambiziosa, alla quale lavoriamo da 14 anni. Penso che ci sia, comunque, ancora molta strada da fare.
Il tema dell'inclusività in bagno è un tema tabù, non se ne parla assolutamente, credo per diversi motivi di cui uno è culturale: nessuno ci ha insegnato l'inclusione. Le nuove generazioni la stanno imparando adesso e devo dire che è stato un cambio anche abbastanza veloce. Oggi assistiamo a mutamenti sociodemografici, a patologie che sono sempre più diffuse e che interessano un italiano su due, come le discopatie. Quindi il concetto da far passare in showroom è non dare per scontato che una persona non debba aver bisogno di un prodotto adeguato e soprattutto non lo meriti di diritto. Oggi 4 clienti su 10 sono over 65. Un tipo di clientela che si concentra sull’arredamento, sui sanitari. Quando poi si chiede, rispetto al bagno precedente quali potrebbero essere le esigenze per un prossimo futuro, ci viene risposto che ci vorrebbe un bagno più sicuro. Allora è necessario far capire subito l’importanza della sicurezza in casa e che proprio da essa occorre partire. Non si deve avere paura di parlare di cambiamento di bisogni e di abitudini. A volte le esigenze mutano già, a 50 anni, basta un mal di schiena che diventa abituale. Attraverso le domande giuste: chi andrà ad abitare un determinato ambiente, se ci saranno bambini, anziani o persone con abilità diverse, si possono costruire ambienti inclusivi e universali. Ci deve essere una sorta di responsabilità sociale di chi vende o progetta, in quanto può contribuire al benessere di chi vive un'abitazione. Già solo far arrivare questo messaggio al cliente permette di apparire ai suoi occhi come un risolutore di problemi.
Sono tante le cose che deve fare un'azienda per entrare in uno showroom. Innanzitutto costruire degli strumenti di vendita che portino ad una estrema semplicità nel fare la proposta al cliente finale. Ho fatto un sondaggio, l'anno scorso, chiedendo ai venditori quali fossero i criteri che li fanno sentire più sicuri nel momento della vendita. Al primo posto la conoscenza del catalogo, perché consente di approfondire i prodotti e questo li rassicura. Al secondo posto c'è quella del brand e di chi ci lavora. Terzo aspetto, la premialità che dà maggior motivazione al venditore. Non ne faccio una questione di bonus, che hanno effetto nel breve termine, ma di autonomia, di riconoscimento delle competenze. Questa è la chiave per avere un venditore di showroom capace, competente e preparato.
- Edoardo Carloni
"Creare con ragione", frutto di curiosità e dedizione
- Tieffe
Verona: il punto di partenza di un nuovo concetto dello showroom
Diversità umana come stimolo e come tratto imprescindibile di un progetto