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16/12/2020 - Paola Staiano

Lavorare da lontano?

Si può lavorare bene da remoto anche fuori dall’emergenza, ma bisogna imparare a progettare e comunicare bene le informazioni.

Mesi fa ci alzavamo per andare a occupare una scrivania, in un ufficio, e lavoravamo in un orario prestabilito. Tirare le fila di un progetto sembrava possibile solo fisicamente, magari confrontandosi con un team.
Per la maggior parte di noi questa epoca un po’ obsolescente è finita nel marzo del 2020, quando volenti o meno siamo passati a un sistema di remote working improvvisato.

Quando si parla di lavoro da remoto noi pensiamo infatti ad un modo di lavorare che mette a disposizione flessibilità e agilità nella scelta di modi e tempi, richiedendo dall’altra parte la capacità di focalizzarsi su obiettivi e risultati. Indipendentemente dalla crisi, è l’odierno mercato del lavoro a richiedere modalità diverse da quelle tradizionali che mantengano però sempre elevato il livello dell’esperienza.

Non resta che capire come si fa lavorare bene in remoto. Ed è, come al solito, una questione di progetto.
Il fulcro del “lavoro da lontano" è la circolazione delle informazioni e il rischio di parcellizzare la conoscenza. Tenere traccia di conversazioni e comunicazioni, dei processi progettuali, degli scambi formali ed informali è fondamentale. Così come l’accessibilità alle informazioni e la trasparenza negli scambi sono condizione necessaria alla crescita professionale.

Ci vorrà forse più tempo per sentirsi in relazione, ma in questo momento c’è una grande attenzione, del tutto umana, alle persone, alle loro idee, a quello che fanno e pensano. Sia quando lavorano a un progetto sia quando vogliono condividere passioni.

E l’obiettivo della maggior parte delle aziende è che tutti si sentano a proprio agio e possano essere se stessi. Il motivo è chiaro: su un terreno di fiducia e autenticità si crea la base sicura per esprimere apertamente le proprie idee, innescando il processo che porta alla creazione di qualcosa di nuovo o alla soluzione di un problema.

Eppure ci sono due temi delicati nel lavoro remoto. Il tempo e lo spazio, categorie alle quali l’umano si riferisce per non perdere la bussola fra lavoro e vita privata.

Avere uno spazio fisico per il lavoro, in casa. Entrare ed uscire da una stanza come se andassimo in ufficio. È uno switch fondamentale. Il tempo va scandito in modo personale, occorre farsi carico del proprio benessere attribuendogli un valore preciso, sia privato sia professionale. Dobbiamo provare a darci limiti per le riunioni.

Terminato l’orario di lavoro, si torna ad abitare la vita vera, senza sfondi finti e fuori dal flusso di informazioni. È un ritorno al sé fisico, a una dimensione diversa. E c’è chi è già pronto per andare e venire fra i mondi e vivere…


Per approfondire a proposito di questo argomento consulta anche: "Smart Working" e "Semplificazione e innovazione digitale"


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