People

28/07/2022 - Tieffe

Village for all, a ciascuno la sua vacanza!

Over ha incontrato Roberto Vitali per parlare di una nuova visione di turismo inclusivo

Village for All, per un’ospitalità inclusiva
Village for All, ricettività che mette al centro l’ospite

Inclusività: la parola chiave che sta contribuendo a far transitare il turismo nel terzo millennio. Lo sa bene Roberto Vitali, CEO e co-founder di Village for all, che, da oltre dieci anni, ha “messo insieme” un network di Hotel e Villaggi che sono stati visitati direttamente per comprendere quale tipo di accessibilità possono offrire ai turisti.

Ancora oggi si fa un errore di fondo, ossia identificare l’inclusività con l’abbattimento delle barriere architettoniche. In realtà un soggiorno realmente accessibile è quello in cui il turista trova informazioni affidabili, rispetto alle sue esigenze di accessibilità. Le necessità di un villeggiante ipovedente, ad esempio, sono diverse da quelle di un paraplegico, quelle di una persona celiaca sono ben altre rispetto a quelle di una persona sorda. Come riuscirci?

Visitando direttamente la struttura ricettiva e raccogliendo informazioni che vengono analizzate da un algoritmo ed un apposito software (V4AInside), capace di valutare la reale accessibilità, attraverso un migliaio di parametri, per giungere ad un unico risultato: garantire una vacanza perfetta per chiunque, senza distinzione di età o abilità.


“Siamo convinti – spiega Vitali – che con le giuste informazioni ognuno possa decidere dove trascorrere il proprio tempo libero, magari con la famiglia o gli amici, per seguire le proprie passioni (culturali, sportive, enogastronomiche, ecc..). Village for all non dà patenti di accessibilità, ma promuove un’informazione affidabile, che verifica direttamente sul posto, completa e coerente con le esigenze delle persone”.


Come vi è venuto in mente di dar vita a questo progetto? In cosa consiste l’innovazione di Village for All?

È una storia che parte da molto lontano: quando avevo 15 anni ho avuto un grave incidente che mi ha reso paraplegico. Questa drammatica esperienza, però, non ha ridotto la mia passione per i viaggi: ho preso la patente e ho iniziato a fare turismo, rendendomi conto dei limiti delle strutture del nostro Paese. Così ho deciso di dedicarmi, in prima persona, a questo settore. Nel 2005 sono capitato, per caso, in un villaggio di un imprenditore di Comacchio che mi ha chiesto una consulenza e, grazie a questa esperienza, sono diventato consulente in materia di turismo accessibile, prima di una decina di villaggi e campeggi e poi, man mano, di una rete sempre più ampia di strutture, interessate ad offrire informazioni affidabili sulla loro accessibilità e servizi. Con la mia socia, Silvia Bonoli, abbiamo dato vita a Village for All. Nel nome è racchiuso tutto il senso del nostro progetto sociale: nome che parte dalla metafora del "villaggio globale" di Marshall McLuhan, ad indicare come il mondo possa essere “piccolo”, grazie alla tecnologia ed ai mezzi di comunicazione, arrivando ad assumere i connotati di un villaggio che, secondo noi, deve essere per tutti. Siamo nati nel 2008, ai tempi della convenzione ONU sulla disabilità, e nel 2011 siamo diventati una start up innovativa, con l’obiettivo di creare il primo Network di turismo accessibile in Italia. Strutture che non si fermano al mero rispetto della normativa sulle barriere architettoniche, ma che offrono spazi per famiglie, ipovedenti, anziani, persone con allergie alimentari, celiaci, vegetariani o vegani. Un’ospitalità, insomma, che le persone possono scegliere in base alle loro esigenze, tornando ad essere i veri protagonisti della scelta.


Può spiegarci come funziona la vostra app?

La nostra app V4AInside nasce nel 2009, partendo dal presupposto che, con le giuste informazioni, ognuno è in grado di decidere dove trascorrere il proprio tempo libero. V4AInside consente di raccogliere notizie sull’accessibilità delle strutture turistiche (hotel, villaggi, campeggi, ecc…) e di interesse turistico (ristoranti, negozi, ecc…). Siamo molto fieri di questo prodotto perché prima di noi non si era mai occupato nessuno di rendere comprensibili all’utente finale i dati raccolti. Grazie alla realizzazione di questo software, abbiamo lavorato a vari progetti nazionali ed internazionali, recensendo più di 2500 strutture. Oggi il Network V4A conta oltre 80 strutture in Italia, Croazia e San Marino, di cui siamo in grado di offrire informazioni relative a misure, altezze, pendenze, accessi, per citarne soltanto alcune. Inoltre possiamo fornire un elenco dei miglioramenti che gli imprenditori/gestori possono realizzare per rendere l’hotel o il villaggio maggiormente fruibile, sia dal punto di vista strutturale che di servizio. Grazie a questo piano di migliorie le aziende hanno a disposizione una serie di interventi che possono attuare nel medio o lungo termine, diluendo gli investimenti negli anni.


Sono le strutture a contattarvi, per entrare nel vostro network, o siete voi a proporgli un’analisi?

Sono le strutture a cercarci perché desiderose di capire meglio il loro livello di accessibilità. Sono aziende interessate al miglioramento qualitativo della loro offerta turistica. Hanno capito che aumentare l’accessibilità e qualificare la loro offerta turistica è una crescita che va a favore di tutti i loro Ospiti: non solo di chi ha esigenze di accessibilità, ma dei senior, di coloro che hanno intolleranze alimentari, delle famiglie con bambini piccoli, ecc… Il prerequisito per aderire al nostro network è aver compreso che l’accessibilità è un elemento qualitativo per i turisti e che l’Ospitalità Accessibile è un percorso qualitativo che va perseguito nel tempo. Visitiamo direttamente ogni struttura che viene affiliata al Network V4A per raccogliere personalmente le informazioni che servono a capire quale autonomia ed indipendenza il cliente potrà vedersi assicurata durante la vacanza. Faccio un esempio: una struttura per persone cieche non può dirsi accessibile solo perché ha i tasti in Braille dentro l’ascensore (secondo le nostre informazioni in Italia ne esistono meno delle dita di una mano realmente accessibili per questa disabilità). Dopo la nostra analisi le strutture ricevono formazione e informazione, per migliorare la loro accessibilità. Noi, così come è scritto sul nostro sito, non diamo patenti di accessibilità, ma promuoviamo un’informazione affidabile, completa e coerente, in modo che le persone sappiano esattamente quello che troveranno al loro arrivo in struttura.


A suo parere cosa manca al turismo italiano per rendersi davvero inclusivo?

Il turismo italiano soffre principalmente di un problema culturale. Si continua a parlare di disabilità e non di esigenze degli Ospiti. L’operazione di rendere una struttura inclusiva non può essere affidata a un tecnico, il quale è sicuramente esperto su come si rispettano le normative edilizie; serve un esperto di accessibilità a 360°, perché se accoglienza e ospitalità possono essere considerate sinonimi, c’è molta differenza tra essere accessibili ed essere ospitali. Ospitalità associata ad Accessibilità è l’espressione più alta dell’accoglienza, in quanto significa offrire una esperienza turistica che ha a cuore il benessere e la soddisfazione del cliente, rispondendo con efficienza, professionalità e qualità a determinate esigenze di accessibilità. Vi sono luoghi e strutture che sono “accessibili a norma”, ma non sono ospitali e accoglienti, mentre ci sono luoghi che non sono molto accessibili, ma dove l’ospitalità riesce a far superare ogni barriera.


Secondo i parametri della vostra app quali sono le caratteristiche tecniche e edilizie perché una struttura sia realmente inclusiva? E un bagno?

Il rispetto della normativa sulle barriere architettoniche è solo uno dei tanti aspetti: le norme danno indicazioni di minima, senza tenere conto delle reali esigenze delle persone. Sempre per fare un esempio: gli scivoli possono avere una pendenza massima dell’8%, però se si realizzano con pendenza al 5% assicurano maggiore autonomia a chi li deve utilizzare. Lo stesso vale per gli anziani: pensiamo a quanto può essere faticoso entrare in una vasca, farsi la doccia in piedi o non trovare un appoggio nel punto giusto, a fianco del wc, per sentirsi più sicuri. Uno degli obiettivi di Village for all è trasmettere alle imprese sul mercato standard qualitativi che rendano i clienti non più persone con disabilità, ma semplicemente Ospiti. Per questo, se vengono inseriti accorgimenti/ausili, devono essere contestualizzati o rimovibili, per garantire una accessibilità che sia trasparente, in base all’utilizzatore.


Per lei inclusività non può prescindere da accessibilità e sostenibilità. Può spiegarci perché?

La sostenibilità non è solo quella ambientale o energetica: dimentichiamo sempre l’aspetto sociale, quello che riguarda le persone e le comunità. Occorre far sì che le persone, in ogni fase della loro vita e senza distinzione di abilità, possano essere autonome, consentendo loro di essere protagoniste attive, assicurando il soddisfacimento dei loro bisogni e di quelli delle generazioni future. Questa è o non è accessibilità secondo lei?


Dopo il Covid come sono cambiate le esigenze dei turisti?

Le persone oggi vanno in cerca di strutture meno affollate, di un contatto diretto con la natura, di piccoli borghi, di alberghi diffusi, quindi chi lavora nel turismo non può ignorare questo aspetto, anzi deve fare uno sforzo in più per abbattere quelle barriere culturali e mentali che non consentono di essere inclusivi. Il turismo accessibile è un settore in continua evoluzione: i consumatori sono sempre più consapevoli che chi si occupa di ospitalità deve poter garantire un soggiorno all’altezza delle aspettative del cliente, a prescindere dalle esigenze di accessibilità.


Quali sono i benefici, a livello economico, per un imprenditore che sceglie di dotarsi di una struttura totalmente inclusiva?

Nel nostro network ci sono imprese che hanno incrementato i loro fatturati fino al 20%. Parliamo di cifre importanti che, chi opera nel comparto, non può ignorare. Ma è la mentalità che deve cambiare: non si deve considerare il cliente un “assistito” bensì un Ospite disposto a pagare il giusto prezzo per ottenere un servizio adeguato alle proprie necessità. Ricordo anche che questi clienti non viaggiano mai da soli: si stima che siano 10 milioni in Italia e 130 in Europa!


Quanto è indietro l’Italia, in termini di ricettività inclusiva, rispetto ad altri paesi europei?

Abbiamo bisogno di nuovi paradigmi e una volta compreso che l’Ospitalità Accessibile è un business dobbiamo inserire figure strategiche nella filiera della progettazione. Esperti che conoscano le esigenze di accessibilità dei vari target, così come avviene ad esempio per il termotecnico o l’illuminotecnico. Un professionista che dia una lettura del progetto attenta alla realizzazione di un’accessibilità funzionale e trasparente, ossia una progettazione in grado di rispondere ai differenti bisogni che ogni fruitore ha o potrebbe avere. Una progettazione che ponga al centro l’individuo nella sua totalità, con le proprie peculiarità, arrivando a valorizzare le differenze fondendole in un design coerente con gli obiettivi del progetto.


Una nuova idea di progettazione dovrebbe partire dagli studi universitari, secondo lei?

Assolutamente sì. L’accessibilita, ma meglio ancora direi l’Universal Design, deve essere approfondito non solo nelle Facoltà di Architettura, Design o Ingegneria, ma deve fare il suo ingresso anche nei corsi di Comunicazione e Marketing, così come negli istituti per il Turismo. Questo cambio culturale può avvenire solo tenendo conto anche del linguaggio, eliminando dal vocabolario certe terminologie come “diversamente abili, normodotato, ecc...”. Modificando il linguaggio si possono superare le barriere culturali perché, come diceva proprio Marshall McLuhan: “Trasformare il mezzo attraverso il quale si sviluppa, si conserva e si comunica la conoscenza, significa trasformare la conoscenza”.


Articoli recenti della stessa rubrica